Mercatino antiquario di Ascoli Piceno - 20 e 21 febbraio
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Lo storico Mercato dell'Antiquariato di Ascoli, come ormai di tradizione, torna il terzo fine settimana del mese. Nonostante l'incertezza del momento, nella dichiarazione imminente di zona arancione della Regione Marche il mercato dell'antiquariato può continuare a svolgersi regolarmente grazie al carattere di ordinarietà a cadenza mensile. Infatti il mercato è un luogo sicuro e con l'aiuto degli espositori e visitatori si svolgerà nel rispetto di tutte le norme anti-Covid. L’obiettivo è di superare questi mesi mantenendo la continuità dell’evento che da trent’anni si svolge in città con l’occhio e il cuore verso la primavera e quindi verso una rinascita che ci auguriamo riguardi l’Italia intera.
Il Mercatino si svolgerà con orario dalle 9 alle 19 in Piazza del Popolo per entrambi i giorni mentre piazza Arringo, via del Trivio, Chiostro di San Francesco e Piazza Roma con orario sabato dalle 16 alle 19 e domenica dalle 9 alle 19.
Si rinnova l’appuntamento anche con “Ti racconto Ascoli” visite guidate alla città le domeniche del Mercatino a cura dell’Associazione Guide Turistiche Ascoli Piceno "Marche V Regio".
Si parlerà delle architetture del Novecento che sono parte integrante del panorama della città e si fondono con le opere antiche in una stratificazione millenaria e affascinante.
Si parlerà di 𝗲𝗰𝗹𝗲𝘁𝘁𝗶𝘀𝗺𝗼, di edifici nati con lo stile della mescolanza dei migliori stilemi ripresi da diversi movimenti architettonici, storici e anche esotici. Con partenza da piazza Arringo alle 10.30 e alle 15.00 si andrà al Tribunale poi in corso Trieste con il Palazzo della Prefettura e il Cinema Olimpia, palazzo ex INA al chiostro di San Francesco, ponte Nuovo e tanti altri luoghi di Ascoli caratterizzati dalle architetture del Novecento. Saranno rispettate tutte le norme anti-Covid con posti limitati, per info e prenotazioni 328 3247179 - 347 6590764 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
INFO: Tel 0736 256956 FB @Mercatino.Antiquario www.mercatiniantiquari.com
Prossime edizioni: 20 e 21 marzo, 17 e 18 aprile, 15 e 16 maggio, 19 e 20 giugno.
L'Arte del muro a secco arquatano - di Vittorio Camacci
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Grazie all'utilizzo di pratiche tradizionali, tramandate di generazione in generazione, i nostri sentieri presentano caratteristiche uniche e peculiari rispetto ad altre zone del Centro-Italia. E' determinante, quindi, al fine di tutelare e conservare il nostro grande patrimonio storico, culturale e naturale, mantenere vive le antiche tecniche costruttive, al fine di salvaguardare il nostro paesaggio e le ricchezze naturali che lo rendono unico al mondo. Sono tante le tecniche costruttive del passato, purtroppo oggi poco diffuse, ma facili da ritrovare in giro per le nostre montagne, come la tradizione dei muretti a secco (di confine, divisori, di sostegno, per la costruzione di casette di riparo). Una tecnica rintracciabile in quasi tutte le tradizioni culturali del passato e che può essere considerata quale primo tentativo di modificare l'ambiente. Tutte le grandi culture facevano ricorso ai muri a secco: i greci, i romani, le popolazioni del bacino mediterraneo, del continente europeo, dell'America Latina, della Cina. Nella nostra terra, i muri a secco in particolare, sono un elemento caratterizzante del paesaggio da centinaia e centinaia di anni. Hanno una grande valenza storica, sia quando sono utilizzati come linee di confine, come delimitazione di antichi sentieri, come supporto di terrapieni o come costruzione di casette di riparo con i tetti di schiazze d'arenaria. Sono un elemento antropico, in sintonia con il nostro paesaggio. Per realizzare questi muretti occorreva molto tempo e bisognava rispettare tecniche basilari per la loro costruzione. La regola fondamentale era quella di disporre le pietre una sull'altra, assicurandone la necessaria stabilità, senza ricorrere a leganti (malta o cemento). In pratica si iniziava a scavare una trincea di fondazione, pari alla lunghezza del muro che si voleva realizzare, in modo da creare una base che doveva essere realizzata rigorosamente sempre a secco, con le stesse pietre. L'attrezzo usato per costruire questi muri era la mazzetta (avente una punta a piccone ed i lati retrostanti squadrati e non stondati) con la quale si regolarizzavano le pietre "squadrandole". In basso si usavano le pietre di maggiori dimensioni, mentre quelle piccole ed i ritagli venivano usati per riempire gli interstizi. Comunque, non esistevano regole standardizzate per la loro realizzazione, ogni muretto, essendo un elemento che conviveva con il paesaggio circostante, andava adattato alla zona interessata, ed il fattore che ne determinava le caratteristiche quali esposizione, struttura, composizione era la mano del suo realizzatore ed il tipo di pietra che esso utilizzava: arenaria, calcaree o ciottolo di fiume. Comunque i muretti a secco, di tutte le tipologie, erano suddivisibili in quattro zone: piede di fondazione o "base", livello medio, porzione rastremata superiore e coronamento "cima". Ci sono anche dei fattori che determinano l'importanza ecologica e la biodiversità dei muretti a secco, che son: la struttura, l'inclinazione, l'esposizione, la decomposizione, la velocità di colonizzazione, sui quali influiscono soprattutto: clima, apporto idrico, calore, luce, sostanze inquinanti e soprattutto animali selvatici, in particolar modo cinghiali. La loro totale o parziale perdita provoca la riduzione del valore paesaggistico ed è responsabile di pericolosi fenomeni di smottamento del territorio e di riduzione di fertilità del suolo. Infatti, essi danno stabilità ai terreni, tutelando il suolo, elemento prezioso del paesaggio rurale che offre ambiente favorevole alla vita animale e vegetale. I muri a secco sono un tesoro arquatano da conservare, tramandare e tutelare ed è fondamentale apprezzarne il valore per imparare a riconoscerli, a salvaguardarli ed a replicarli nel rispetto della tradizione e dell'ambiente.
Vittorio Camacci
Speranza, Fede e Carità - di Vittorio Camacci
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Per non vedere e sentire
Bisognerebbe tapparsi occhi e orecchie
Quando vedi il tuo paese distrutto
E ancora continui a sostenere i responsabili
O sei complice o sei stupido
Disse la verità alla falsità:
"Io sono il sole e tu sei il fulmine.
Io illumino, tu abbagli.
Io sono il giorno, tu sei l'attimo.
Per quanto tu possa anticiparmi,
Io ti raggiungerò sempre."
La nostra terra grida desolazione
La nostra gente vuole una disperata vendetta
Quando l'ingiustizia diventa legge
La resistenza diventa dovere
Invece io credo nella speranza
Essere piumato che si posa nell'anima
Che canta melodie senza parole
E che non finisce mai
Credo nella mano di Dio
I nostri giovani hanno visto tutto
Devono credere che domani sarà meglio
Conosceranno la verità ed essa li farà liberi
Questo è lo stupore della montagna
La grande meraviglia della nostra Grazia
Io stesso ne sono stupito
Essa ha una forza incredibile
Sgorga da una fonte
E diventa un fiume inesauribile
Che porta a spasso le nuvole ed il cielo.
Si può ancora credere nella possibilità di una nuova Arquata, una terra devastata alla ricerca di una possibilità di giustizia e fraternità? Si può davvero sperare in una trasformazione della nostra società, dove a dominare non sia la legge del più forte o l'arroganza del Dio denaro, ma il rispetto della persona e la logica del mutuo soccorso?
Per prima cosa bisogna di nuovo considerare il valore di ogni singola persona, bisogna essere sensibili verso i deboli, trattare con rispetto gli anziani, essere resilienti per non abbandonare la terra e la memoria storica. Solo così nascerà una nuova Arquata, prendendo forma, pian piano, dentro le macerie di un paese vecchio e in disfacimento. Come attuare tutto questo? Lasciamo la superficie per andare più in profondità; come calarsi nel cuore di una fontana per scoprire l'origine di quella forza misteriosa che spinge gli zampilli tutt' intorno, modificando paesaggio e territorio circostanti. Ci sono due parole che racchiudono tutto questo, parole cristiane che nel nostro tempo spesso svaporano, smarriscono il loro significato: amore e carità. Da esse nasce tutto il fiume di opere di carità piccole e grandi, una corrente di solidarietà che da più di tremila anni ha attraversato la nostra storia, fino a quel maledetto terremoto, era questa la nostra migliore sorgente, più grande e illimitata di quella dell'acquedotto di Capodacqua e del Pescara. Fin dagli inizi della nostra storia c'è stato sempre un mutuo soccorso, un'attenzione particolare verso le persone bisognose, fragili: le vedove, i poveri, i malati, gli emarginati. C' era compassione, condivisione del patimento, denuncia delle ingiustizie e impegno nel contrastarle, per quanto possibile, anche con il brigantaggio, anche con il contrabbando, anche con la ribellione.
I nostri avi hanno sofferto la fame, la carenza di beni primari, ed hanno reagito aiutandosi a vicenda. Le confraternite, ad esempio, mettevano a disposizione i beni di chi aveva un surplus e donava per poi distribuirli con discrezione e dignità a coloro che erano in difficoltà. La vera giustizia prova pietà, si impegna a fianco degli ultimi: gli anziani soli, i disoccupati, i bambini, i disabili. Infine c'è un'altra verità, che è emersa dopo la terribile catastrofe che ci ha colpito: tutti abbiamo bisogno di cura, tutti abbiamo bisogno di essere salvati, anche coloro che hanno preso la strada del profitto e del saccheggio, che fanno dell'arroganza e della prepotenza il loro stile. Essi non si curano di essere riconosciuti perché del giudizio altrui non tengono alcun conto. Non serve più combatterli, per fortuna Nostro Signore non gli concede tanti appigli: semplicemente li abbandona al loro destino ed alla loro solitudine. Di solito non hanno amici. C'è una grande cambiamento in atto, che sigla il vero ed il giusto, un grande tsunami salvifico, un impulso profondo, eterno che fa vedere chiaramente le cose. Questo è il momento degli ultimi, degli esiliati, dei vessati, di coloro che hanno sempre perseguito la verità. Crolla il castello di carta degli impostori, ipocriti, egoisti che vogliono prendersi tutto ma alla fine arrivano a detestare se stessi ed il prossimo. Vedranno il loro inconscio e si ammaleranno. Finalmente verranno sciolte le catene dell'impostura e la verità ci renderà liberi.
Bevete dove beve il cavallo
Lui non berrà mai acqua cattiva
Metti il letto dove dorme il gatto
Mangia il frutto che ha toccato il verme
Prendi il fungo dove siede l’insetto
Pianta il tuo albero dove scava la talpa
Costruisci la casa dove si scalda la serpe
Scava la fonte dove gli uccelli si nascondono al caldo
Mangia verdure, avrai gambe forti
Ed un cuore più resistente come gli esseri della foresta
Nuota spesso e ti sentirai sulla terra come i pesci nell' acqua
Guarda il cielo più che puoi
Ed i tuoi pensieri diventeranno leggeri e liberi
Taci di più e parla di meno
Se nella tua anima regnerà il silenzio
Sarai pacifico e tranquillo.
Vittorio Camacci