Ascoli Piceno - l'oliva ascolana
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Il centro storico della città di Ascoli ospiterà sabato 8 novembre una iniziativa che attraverserà un percorso dedicato all’oliva ascolana.
L’appuntamento è alle 15 in Piazza Arringo (davanti alla cattedrale) e l’iniziativa “”Storia, aneddoti e luoghi dell’oliva ascolana” rientra nel progetto “Camminata dei musei del gusto” che è promosso da U.S. Acli provinciale Aps.
La partecipazione è gratuita, è previsto un tetto massimo di 50 persone.
Il percorso, della durata di 2 ore e mezza circa, permetterà di conoscere meglio la città di Ascoli, il suo centro storico e i suoi luoghi più caratteristici attraverso la narrazione della storia dell’oliva ascolana nei secoli.
Per partecipare alla manifestazione occorre inviare un messaggio al numero 3939365509 indicando nome e cognome di chi sarà presente.
La corda e il campanello - di vittorio Camacci
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Pescara del Tronto, A.D. MCCCLXV. Il borgo, stretto tra il fiume Tronto ed i primi contrafforti dei Sibillini, viveva giorni cupi. La peste aveva decimato la popolazione, le campane della chiesa di Santa Croce suonavano ininterrottamente per annunciare nuove sepolture. I Cavalieri Giovanniti erano accorsi con un drappello di rinforzo per aiutare la popolazione. I corpi dei defunti venivano calati nelle fosse comuni dai Cavalieri dell'Ordine dell'Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme. Esse erano scavate sotto il pavimento della chiesa ed i cadaveri venivano disposti l’uno accanto all’altro. Come sempre la fossa veniva poi chiusa con una pesante lastra di pietra.
Ma presto si diffuse una paura ancora più terribile. Si diceva che alcune persone sepolte in stato di catalessi o "finta morte" si fossero risvegliate nel buio della fossa. Quando le lastre venivano rimosse per accogliere nuovi morti, si trovavano a volte corpi in posizioni innaturali, le mani sollevate verso la pietra, i volti contratti nel terrore. Alcune donne, raccontavano i becchini, avevano tentato di forzare la lastra arrotolando uno straccio intorno alla testa per proteggerla e spingerla con tutta la loro forza, senza però riuscire a salvarsi.
Per prevenire simili orrori, Oddone di Chiaravalle, il Visitatore della Comanderia degli Ospitalieri, introdusse un nuovo rituale. Ai polsi dei defunti veniva legata una cordicella, che passando all' interno di un foro della lastra era collegata a un campanello posto sopra il pavimento della chiesa. Se qualcuno si fosse risvegliato, avrebbe potuto suonare il campanello per richiamare aiuto.
Un giorno fu il turno di Maria, una giovane amata per la sua bellezza e dolcezza. Morta dopo giorni di febbre, venne deposta con cura nella fossa comune. Lorenzo, il suo fidanzato, non si dava pace. Prima che il corpo di Maria venisse calato nella fossa, assicurò personalmente che la cordicella fosse ben legata al suo polso, pregando con disperazione che fosse tutto un errore.
Quella notte, mentre il villaggio dormiva, Lorenzo si recò alla chiesa per pregare, il Cavaliere di guardia si allontanò per lasciarlo solo con il suo dolore. Il silenzio era rotto solo dal vento che ululava tra le montagne, ma poi… un suono sottile, ritmico, spezzò l’oscurità: il campanello stava suonando.
Lorenzo corse a chiamare i Cavalieri Giovanniti e alcuni uomini del villaggio. Con torce e scalpelli rimossero la lastra di pietra che sigillava la fossa. Quando la sollevarono, trovarono Maria viva, coperta di sudore e terrorizzata. Con voce tremante, raccontò di essersi risvegliata al buio, circondata dai corpi e dall’odore di morte. Aveva sentito la cordicella al polso e aveva suonato il campanello con tutte le sue forze, finché qualcuno non era accorso.
Maria tornò alla vita, in tanti continuarono a chiamarla " quella salvata dalla campana", la sua storia divenne una leggenda. Da quel giorno, nessun defunto a Pescara del Tronto venne più calato nella fossa senza una cordicella al polso e un campanello. Quando i Cavalieri di Gerusalemme abbandonarono la Comanderia di Santa Croce lo stratagemma fu dimenticato e ogni volta che una lastra veniva rimossa per aprire una fossa, il terrore di trovare un altro corpo con uno straccio intorno alla testa e mani protese verso la libertà restava vivo nei cuori degli abitanti, monito della fragilità della vita e della sottile linea tra morte e salvezza, quello che poi avvenne, come una beffa del destino, secoli dopo, nella funesta notte di un agosto del XXI secolo.
Vittorio Camacci
Le "PUCCHELLE" di Montereale . di vittorio Camacci
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Le "PUCCHELLE" di Montereale
Il sole di novembre, caldo come in un’estate tardiva, ha vestito di luce la Fiera di Ognissanti di Montereale. L’aria limpida, i monti intorno e la voce delle bancarelle hanno ridato vita al paese, che in questa giornata antica ritrova il suo respiro più autentico.
Un piccolo gruppo del Festival Culturale dei Borghi della Laga, guidato dai volontari della Pro Loco, è partito dal colle dove sorge la sede comunale provvisoria, a nord dell’abitato. Da lassù, lo sguardo spaziava sulle vallate dorate ed i boschi cromati d'ocra, mentre si udiva il nitrire dei cavalli. Nell' alto della fiera, infatti, si trattavano ancora splendidi cavalli da tiro, lucenti di sudore e pazienza. Poco lontano, i muli ricacciavano i ciocchi di legna come nei tempi antichi: un gesto semplice, ma carico di memoria.
Poi la discesa verso il cuore del borgo, dove il profumo del miele e degli stand gastronomici si mescolava alle voci dei venditori. Tra i banchi, si facevano notare patate, marroni, zafferano, legumi, ortaggi e finimenti da cavallo, ma a incantare davvero erano le bancarelle più umili e solidali: quella dell’Associazione Anziani, con le sue creazioni dedicate al paese e quella della Pro Loco Le Ville di Fano, dove tornavano a rivivere le antiche Pucchelle.
Le Pucchelle, piccole bamboline di fichi secchi infilzati su stecchi di legno e vestite con carte colorate, erano un tempo il dono più ambito dalle bambine di montagna, per i maschietti si costruiva un cavalluccio. Giocattoli commestibili, nati dall’ingegno dei contadini-commercianti di Montorio al Vomano, che li portavano in vendita a Montereale quando ancora, tra queste vette, i fichi non crescevano. Bastava riceverne una per sentirsi parte della festa: una Pucchella era un sogno da gustare piano, con la meraviglia negli occhi e il sapore dolce del sud tra i denti.
Oggi quella tradizione, rinata tra le mani dei volontari, sembra un piccolo miracolo di memoria: un invito a riscoprire e tramandare la semplicità dei gesti che univano i paesi, le fiere e le generazioni.
La giornata si è chiusa con un rinfresco allegro, offerto dall’Associazione Laga Insieme: pane, pizza cotta con lo strutto, coppa, salumi, formaggio, vino e il celebre pesce fritto dell’Adriatico, arrivato fin quassù da San Benedetto del Tronto come un dono di mare alla montagna.
Prima di tornare, una visita all’amico poeta Sabatino, nella vicina Aringo in festa, dove i bambini di città giocavano tra le decorazioni dell’Aringo Club e il profumo di dolci casalinghi.
Così si è conclusa la fiera: nel segno del sole, della memoria e delle Pucchelle, piccole testimoni di un mondo che, se lo si vuole davvero, può ancora restare vivo nelle mani e nel cuore delle future generazioni.
Vittorio Camacci
Borgo Storico Seghetti Panichi
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Domenica 9 Novembre appuntamento con
“Percorsi di arte e cultura nel Borgo Storico Seghetti Panichi”
Castel di Lama – Domenica 9 Novembre si svolgerà l’iniziativa “Percorsi di arte e cultura nel Borgo Storico Seghetti Panichi”, un appuntamento gratuito promosso dal Circolo Acli Oscar Romero ASD APS. La manifestazione inizierà alle ore 9,30 presso la struttura situata a Castel di Lama, in Via San Pancrazio 1, e sarà aperta a un massimo di 30 partecipanti, previa iscrizione. Il programma prevede una visita guidata al giardino del Borgo Storico Seghetti Panichi, un parco di straordinaria bellezza realizzato tra il 1875 e il 1890 dal celebre botanico e architetto tedesco Ludwig Winter, oggi riconosciuto come il primo esempio di giardino bioenergetico in Europa. Il Borgo è un complesso architettonico composto da edifici di epoche diverse, tra cui la Dimora Storica, un’antica fortezza medievale trasformata in palazzo di campagna nel Settecento, la Residenza San Pancrazio e altri edifici costruiti tra il Seicento e l’Ottocento lungo le antiche mura del castello. Completa il percorso l’oratorio, edificato nel 1608, che conserva affreschi di grande valore attribuiti alla scuola di Biagio Miniera. Per partecipare è necessario prenotare entro il 6 novembre inviando un messaggio al numero 3939365509 con nome e cognome.