Caccia "grossa" - di Vittorio Camacci
- Dettagli
- Categoria: Notizie
- Visite: 73
Era ancora buio, sulle cime della Laga, un rumore in lontananza ruppe il silenzio di quella notte di inizio dicembre. Due fari squarciarono con sciabolate di luce le tenebre, mentre divenne sempre più forte il rombo di un motore, spinto al massimo dei giri, per vincere quell'impossibile salita su quella mulattiera improvvisata, piena di fango e buche. Era una moderna jeep, adibita al trasporto dei cani addestrati dalle guardie forestali. La parte posteriore dell'automezzo era stata modificata per far posto a due cassoni di legno che ospitavano ognuno una coppia di cani. In silenzio, un maresciallo grassottello, dopo essersi calato il cappuccio del giubbotto, aiutò i suoi uomini a far scendere i cani, legandoli ad un vicino albero, dopo averli muniti di un collare GPS. Nel sottostante canalone, un giovane tenente, aiutandosi con una torcia led schermata, sistemava guardie armate dietro gli alberi, come Pollicino con le briciole di pane. Erano una quindicina di uomini che procedevano nel massimo silenzio, in fila indiana, senza fumare, stando bene attenti a non far rumore calpestando rami secchi e fronde. Intanto le tenebre lasciavano campo libero alla luce del giorno che stava già schiarendo la cima del monte Pannicaro. Il freddo era intenso e le pareti del canalone erano ricoperte da una gelida e delicata trapunta di ghiaccio. Il maresciallo si era rifugiato all’interno della macchina insieme ad un brigadiere attempato venuto dalla città. Dopo aver bevuto un sorso di caffè bollente versato da un termos elettrico, collegato allo spinotto del cruscotto, disse: "Oggi mi sento che sarà la volta buona!" "Speriamo" rispose il brigadiere. "Ormai è troppo tempo che l'Anarchico ci frega!" L' "Anarchico" era un bracconiere gigantesco, che le guardie avevano nel "mirino" da tanto tempo. Quello che non sapevano era che questo "lupo solitario", per una serie di circostanze fortuite, fosse davvero un uomo speciale. Unico sopravvissuto di una famiglia di boscaioli, si era forgiato l'esistenza tra i boschi della Laga, respirando a pieni polmoni l'aria salubre e frizzantina, rafforzando la muscolatura in maniera impressionante con il duro lavoro. Aveva imparato a cavarsela da solo, in modo anomalo, nutrendosi di ortaggi, erbe e frutta selvatica, oltre che di selvaggina da lui stesso cacciata che gli forniva un apporto smodato di proteine che lo avevano fatto diventare possente e vigoroso, novanta chili di muscoli nel pieno della forza e dell'età. Conosceva a menadito tutti i sentieri e le "forre" della Selva e quella notte si era rifugiato in una grotta senza accendere il fuoco, tanto era abituato al freddo. La luce dell'alba a fatica cancellava gradatamente il buio della notte e già s'intravvedevano nella bruma le scheletriche cime dei faggi. "È ora!" Disse il maresciallo. Scesero dalla jeep, indossarono i giubbotti antiproiettile ed i gambali in cordura antistrappo, tirarono fuori i corti mitra PMX Beretta, di cui tutti erano armati, poi, preso al guinzaglio i cani si distanziarono di circa cento metri gli uni dagli altri. Il brigadiere accese la radio VHF e dopo aver premuto il tasto di chiamata, disse: "Occhio alle postazioni, partiamo!" Dopo un attimo il tenente rispose: "Roger!" Poi con il passaparola avvisò i suoi uomini. Cercando di fare il meno rumore possibile, le guardie caricarono silenziosamente le armi e rimasero in attesa. Il maresciallo liberò i cani che si lanciarono naso a terra alla ricerca di un odore particolare lasciandosi sfuggire in preda all'eccitazione dei guaiti. L'udito sensibilissimo dell' "Anarchico" li sentì e subito scattò in piedi volando letteralmente a gambe levate lungo la china del monte, saltando come un capriolo i ruscelli ed i terrapieni. Una guardia era stata piazzata alla fine del bosco, proprio all'inizio di una radura, l’ ”Anarchico" si stava dirigendo proprio verso di lei, con calma olimpica, dopo aver acceso l'ottica a punto rosso, aveva imbracciato la carabina, puntandola verso il piccolo guado seminascosto nella fitta macchia, dove immaginava sarebbe passato il bracconiere e aspettava con calma il bersaglio. L' "Anarchico" arrivò alla velocità di un camoscio, la guardia lo vide ed il punto rosso si spostò di colpo nel petto del gigante che stava arrivando. Fu un secondo, proprio nell'attimo in cui il militare premeva il grilletto, l'uomo braccato scattò improvvisamente di lato per evitare la pozza d'acqua, tornando, così, al coperto nel bosco per poi fuggire sulla sinistra sguarnita del canalone. Anche questa volta l'inafferrabile ribelle alle leggi dello Stato, con un pizzico di fortuna, li aveva fregati! La Natura, ancora una volta, ha ricordato all'uomo i limiti della sua tecnologia.
"Tutto ciò che un uomo può immaginare, la natura lo ha già creato"
"La civiltà sta producendo macchine che si comportano come uomini e uomini che si comportano come macchine"
Vittorio Camacci
In cammino verso Roma - di Vittorio Camacci
- Dettagli
- Categoria: Notizie
- Visite: 100
In vista del Giubileo, milioni di pellegrini si preparano a raggiungere Roma. Sebbene la maggior parte lo farà utilizzando mezzi di trasporto moderni come aerei, treni, automobili o pullman, e persino navi che attraccano nei porti di Napoli e Civitavecchia, un numero significativo sceglie ancora lu "cavalle de San Francesche”, spostandosi a piedi, in bicicletta o persino a cavallo.
Questi viaggiatori ripercorrono le antiche vie che, per secoli, hanno collegato l’Europa al centro della cristianità. Si tratta di percorsi millenari solcati da re, imperatori, poeti, artisti, mercanti, soldati e pellegrini di ogni classe sociale, tutti accomunati dal desiderio di raggiungere Roma. Per valorizzare e censire questi itinerari, la Conferenza Episcopale Italiana (Cei) ha avviato un ambizioso progetto dal titolo “Cammini della Fede”, finalizzato a creare una rete organica di percorsi spirituali e storici lungo tutto il territorio italiano.
In occasione dell’Anno Santo, sono stati individuati sette percorsi principali, definiti “Cammini Giubilari delle Chiese in Italia” per la loro peculiarità di confluire verso Roma. Questi sono:
La Via Francigena del Nord e del Sud: due percorsi fondamentali dell’epoca medievale, attraverso cui si è plasmata la storia spirituale e culturale dell’Europa.
La Via di Francesco: ispirata agli spostamenti del Santo di Assisi, che tocca i luoghi più significativi della sua vita e predicazione.
La Via Lauretana: un cammino che passa per il celebre Santuario di Loreto.
La Via Amerina, conosciuta anche come il “Cammino della Luce”, che utilizza antiche strade dell’Impero Romano.
La Via Romea Strata: un itinerario che parte dai Paesi Baltici e attraversa l’Europa dell’Est fino a Roma.
La Via Matildica, così chiamata in onore di Matilde di Canossa, la grande figura storica che ha lasciato la sua impronta nei territori attraversati da questo cammino. Le nostre zone non rientrano in questi cammini ma possiamo trovare delle opzioni per giungere a Roma anche da Ascoli Piceno o da Arquata del Tronto:
1) da Ascoli Piceno si percorre all' inverso il Cammino Francescano della Marca poi una volta raggiunta Assisi potrete da lì percorre la Via di Francesco, scegliendo quella Nord che passa per il Santuario della Verna o quella Sud che passa per la Valle Santa di Rieti, per raggiungere la Città Eterna.
2) da Arquata del Tronto attraverso il Cammino delle Terre Mutate raggiungete Accumoli, Amatrice, Campotosto, Mascioni, Collebrincioni e infine l' Aquila. Poi, dalla città dell' Abbazia di Collemaggio attraverso il Cammino "Sui Passi dei Papi" , un percorso di 225 chilometri che attraversa luoghi suggestivi e straordinari, ancora sconosciuti al turismo di massa come la Valle dell' Aterno, l' Altopiano delle Rocche, Celano, Avezzano, Trevi, Subiaco, la Valle dell' Aniene si giunge al Castello di Lunghezza ed infine a Roma.
3) sempre da Arquata del Tronto attraverso il Cammino di San Giuseppe da Leonessa si passa per Accumoli, Cittareale e si arriva alla città del Santo. Da lì si raggiunge Rieti e si prende l' ultima parte della Via di Francesco Sud fino a Roma.
A sostegno di questo progetto, la Cei ha creato una WebApp dedicata, consultabile all’indirizzo www.camminidellafede.it. Lo strumento è stato sviluppato dal Servizio Informatico della Cei in collaborazione con esperti esterni, con l’obiettivo di offrire supporto pratico e spirituale ai pellegrini.
Ogni itinerario è stato presentato nella sua valenza storica e religiosa, con dettagli sui Punti di Interesse Ecclesiale (PIE), georeferenziati per una facile consultazione. Questi punti saranno organizzati in tre sezioni, pensate per rispondere alle esigenze fondamentali di chi viaggia: pregare, mangiare e dormire.
La WebApp non si limita a fornire informazioni: offrirà anche un certificato di percorrenza. I pellegrini che completeranno almeno 100 km a piedi o 200 km in bicicletta su uno dei Cammini Giubilari, anche senza raggiungere Roma, riceveranno un documento digitale che potrà essere convertito in un Testimonium, un’attestazione ufficiale rilasciata dalle autorità competenti durante il Giubileo.
"Cammini della Fede” punta a valorizzare l’esperienza del pellegrinaggio sotto ogni aspetto. Grazie alla collaborazione con l’associazione “Ad Limina Petri”, sarà possibile monitorare il numero di pellegrini e i chilometri percorsi; migliorare i servizi e i riferimenti spirituali lungo i percorsi; organizzare accoglienze specifiche nelle località chiave; offrire formazione agli operatori, sia ecclesiastici che commerciali, per favorire una comprensione più profonda della dimensione spirituale dell’esperienza.
A livello locale, il progetto mira a creare sinergie tra diocesi e realtà ecclesiali, facilitando il coordinamento con le istituzioni civili per una preparazione condivisa al Giubileo.
Il progetto si distingue anche per un logo evocativo che combina elementi tradizionali e moderni. Accanto a simboli come sandali, bisacce, conchiglie e bussole, spiccano la bicicletta e lo smartphone, rappresentando la spiritualità itinerante dei pellegrini di oggi. Al centro del logo, la croce e l’immagine stilizzata di un pellegrino sintetizzano il messaggio chiave: riscoprire la bellezza del viaggio come esperienza di fede e trasformazione interiore.
Con “Cammini della Fede”, la Cei invita i cristiani del terzo millennio a rinnovare il legame con una tradizione antica, ma sempre attuale, capace di unire spiritualità e scoperta.
Vittorio Camacci
Mariano "Lo Sciamano" - di Vittorio Camacci
- Dettagli
- Categoria: Notizie
- Visite: 113
Il Festival dei Borghi Rurali della Laga ogni anno, con il suo arazzo di colori e voci, porta Mariano a immergersi in un mondo che sembra sfuggire alle leggi del tempo. La sua figura, si muove tra le antiche strade della Laga con un passo lento, ma deciso. I vecchi scarponi, consumati da anni di camminate, battono il terreno con la stessa solidità di sempre, mentre la sua presenza sembra rispondere a una legge più profonda, che ha imparato a conoscere. Non cammina mai scalzo, ma le sue scarpe portano tracce di terre lontane, di paesaggi che solo lui sembra davvero vedere.
Era il fotografo che aveva visto il mondo e l'aveva capito attraverso l'obiettivo. Ora, però, la sua macchina fotografica non cattura solo la realtà. No, Mariano è diventato qualcosa di più: un medium, un raccoglitore di energie invisibili. La sua arte non è più solo quella della luce e del buio, ma dell’intuizione, della visione, dell'incontro di mondi. Ogni scatto è una finestra che si apre su un altro piano, un’altra dimensione che solo lui, con la sua sensibilità sciamanica, riesce a percepire.
Nel cuore del Festival, tra i suoni, i canti e gli odori di un passato che si mescola con il presente, si fa largo l’imprevedibile incontro con una giovane donna abruzzese. Non è una figura qualsiasi, ma una camminatrice che, come le montagne stesse, sembra appartenere a un altro tempo. La sua presenza lo attrae, come se una forza magnetica l’avesse indirizzata verso di lui. Mariano sente subito che qualcosa in lei gli è familiare, non nel senso di una memoria passata, ma come una connessione profonda e misteriosa. È una musa che non lo incanta con la bellezza fisica, ma con la semplicità dei suoi gesti e la purezza della sua energia. Ogni passo che lei compie sembra risuonare con l’eco di antichi rituali.
Nel loro incontro, qualcosa di alchemico accade. Mariano non sa come, ma si sente trasformato. Non è solo l’immagine che cattura nei suoi scatti, è il paesaggio stesso che cambia sotto i suoi occhi. Ogni fotografia sembra raccontare una storia che va oltre il visibile, un intreccio tra la realtà e l’invisibile. La ragazza, inconsapevole di essere diventata parte del suo rito, cammina con lui, Mariano, per la prima volta dopo anni, sente che non è più solo un fotografo. È un testimone, un portatore di segreti ancestrali, di leggende dimenticate, di antiche energie che circolano tra le valli della Laga.
Lontano dalle luci artificiali del mondo moderno, Mariano trova un rifugio nei paesaggi montani, che sembrano rispondere al suo spirito, a quella parte di sé che non si è mai completamente persa, anche se il corpo è invecchiato. È un uomo che ha visto troppo per non credere che il tempo, in fondo, non esista davvero. Il suo cuore batte ancora al ritmo di un altro universo, quello che solo la sua macchina fotografica può svelare.
Lei, la giovane donna, è solo un passante nel suo viaggio, ma in qualche modo è diventata la chiave che ha aperto una porta. Una porta che Mariano ora non può più chiudere, che non vuole più chiudere. Ogni scatto, ogni passo insieme, lo conduce verso una trasformazione che non può più evitare. Il fotografo e la musa, entrambi viandanti nel tempo e nello spazio, continuano il loro cammino in un mondo che sa di eterno, pur rimanendo terribilmente presente.
Lungo i sentieri nascosti, riflesso in un ruscello che scorre tra le rocce, Mariano scatta d'istinto e quando abbassa la camera fotografica sente che la sua anima batte con i ritmi di questa terra e svanisce in una folata di vento che lui coglie in un'ombra, un movimento impercettibile, un'essenza. La Laga gli ha offerto un segno, un volto, un nome, un'eco, una presenza sfuggente. Mariano resta ancora un po', continua a fotografare con consapevolezza. Alcune immagini, le più intense, lasciale senza firma, nascoste tra i sassi dei muretti a secco, dentro le vecchie case di pietra, tra le pagine di un libro dimenticato in una locanda. Forse un giorno, la tua musa ne troverà una, forse no. Ma questo non ha importanza, l'incontro alchemico è avvenuto e questo basta per l'eternità.
Vittorio Camacci
Nevica - di Vittorio Camacci
- Dettagli
- Categoria: Notizie
- Visite: 120
Oggi devo restare a casa, non mi posso muovere: fuori nevica. Qui, quanto durerà la nevicata non si può prevedere. La neve mette tutto a posto, copre il disordine, nasconde teli svolazzanti, secchi, tavole, automobili. Pian piano i suoni cominciano ad attutirsi fino ad un silenzio unico: solo la neve può far tacere la montagna. Oggi sono felice, ho abbastanza scorte alimentari, questa visione mi rilassa, mi fa godere della pace, resterò chiuso in casa a sistemare le mille cose rimandate. Fuori continua a nevicare, la neve ha diversi colori e dimensioni: delle volte sono fiocchi pesanti che sembrano bocconi, si poggiano senza vento e raggiungono altezze stupefacenti, altre volte sono lamelle appiccicose che costruiscono montagne e scogli appoggiandosi sui muri delle case, oppure può essere fine e ventosa da entrare fin sotto il portone.
Negli anni ho fatto i conti con la fatica, con il ghiaccio, la neve, i lupi, le bestie e gli uomini. Per carità, niente a che vedere con quella antica, quella dei tempi dei miei avi, quella di gente che non aveva mai visto il mare, che camminava tutta storta piegata dallo sfinimento della vita, dal portare i pesi come i muli. Facevano il fieno con le falci, ore ed ore di cammino per poi entrare in una stalla, piena di mosche, a mungere e fare subito dopo il formaggio.
Continua a nevicare, al bar si gioca a carte, si ride e si racconta, sono le giornate in cui si scoprono le storie delle persone, le storie di un paese, sono le giornate dove si rivelano fatti e misfatti, ci vorrebbero tante nevicate per sapere chi siamo e da dove veniamo, è la luce della neve a far miracoli. È vero, in montagna si litiga ancora per un centimetro di terra, ci si toglie il saluto per un cancello aperto che avrebbe potuto far scappare le bestie, per un tronco di legno, per i posteggi auto e persino per le antenne della TV ma quando ci si ritrova davanti ad un piatto di minestrone caldo si fa pace con tutti.
Quando finisce una bufera di neve, arriva finalmente il sole, la sua luce diventa potentissima sul bianco della neve e regala una gioia unica. Quando c’è la neve è bellissimo restare a casa.
Vittorio Camacci