EXfNICoXsAAUYqIIl cielo si era fatto lattiginoso quel giorno, quando Eric lasciò la valle stretta per tornare a salire. Le pietre lungo la strada sembravano osservarlo, mute testimoni di un tempo che non si decideva a passare. Ogni passo portava il peso di chilometri e di silenzi, eppure l’andatura era quella di chi cerca, non solo di chi cammina.
La mappa tracciata nel cuore lo portava verso una piccola cappella incastrata in un tornante, quasi timida nella sua posizione. Non era segnalata, non appariva sulle guide. Ma lì, in quel punto sperduto dell’Appennino centrale, qualcosa vibrava.
Sulla facciata, un timpano scolpito lo fece fermare. Il Cristo era rappresentato con un gesto inconsueto: non benediva, non soffriva, ma sollevava una rete piena di pesci. In quella rete, Eric scorse qualcosa che solo chi ha camminato abbastanza lungo la linea può riconoscere: la forma bifida, la doppia coda della sirena, simbolo antichissimo di unione tra mondi.
Il segno non era nuovo per Eric, lo aveva visto inciso con decisione sull' Abbazia di San Pietro di Moissac lungo la via Podiensis nell' Occitania. In alto, tra le colonne istoriate, una sirena doppia apriva le sue code come in un libro, una soglia tra mondi. Vicino sotto una croce patente, un Cavaliere Templare con il capo rivolto verso est, come se ascoltasse ancora il richiamo di qualcosa che si muove lungo le linee invisibili della terra
Si avvicinò e si inginocchiò, come si fa davanti a un mistero. Tolse lo zaino, estrasse la sua antenna, strumento da rabdomante moderno, da cercatore di vene invisibili. Il segnale era chiaro: due correnti si incrociavano lì, una proveniva da sud-est, l’altra da nord-ovest. Il corpo del drago vibrava sotto i suoi piedi.
Fu allora che comparve un gruppo di persone, guidate da un uomo che parlava con la voce pacata di chi conosce il peso delle storie. Si fermarono accanto a lui. L’uomo lo guardò e sorrise.IMG 20250419 WA0002
“Tu sei Eric,” disse. “Tu cammini sulla Spada di San Michele. E questa è Trisungo, uno dei suoi nodi.”
Eric lo guardò, stupito. Non era la prima volta che un incontro casuale rivelava una conoscenza condivisa, ma mai così netta, così precisa.
“Sono Vittorio,” disse l’uomo. “Ho scritto della linea. So che passa di qui. E so anche che chi la percorre… non è mai solo.”
Qualcuno del gruppo notò la strana antenna. Eric la mostrò, ne spiegò l’uso. Si fece silenzio. Poi sorrisi, scambi, domande. Una comunità improvvisa, nata tra le rovine e le forze sottili.
Parlarono della rete e dei 153 pesci. Vittorio spiegò: “È un numero pieno. Non casuale. È il simbolo della totalità degli esseri. Alcuni dicono che rappresenti le nazioni del mondo, altri parlano di anime pronte alla rinascita. Ma per noi, qui, in mezzo alle pietre cadute, significa una cosa sola: che nulla va perduto se è preso nella rete giusta.”
Eric annuì. Non serviva dire di più. Lì, tra un Cristo pescatore e una sirena bifida, avevano trovato un segno. Un allineamento. Una piccola verità.
Quando si separarono, il gruppo proseguì verso la chiesa distrutta. Eric restò ancora un momento. Sentì il vento sollevarsi, portare con sé un suono sottile. Forse una sirena cantava, forse era solo la valle che si stringeva nel suo respiro.
Riprese il cammino. Ma ora, sulla schiena del drago, non era più solo un pellegrino. Era guardiano di un frammento, uno dei 153, alle sue spalle il vento fece vibrare le erbacce. In quel momento, Vittorio e la sua terra non erano più abbandonati, erano un punto vivo sulla "schiena del drago" , un lembo di mappa tra la terra ed il cielo

Vittorio Camacci

Informativa: questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner, o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie. Cookie policy