L'artista
Nasce a Spelonga nel 1964.
E' una delle guide naturalistiche autorizzate dalla provincia di Ascoli Piceno, attività che gli si confà, poichè di corsa in natura è un vero appassionato.
Collabora da un decennio, come corrispondente di corsa, con una delle riviste più importanti del panorama nazionale, il mensile "Correre".
Durante allenamenti giornalieri intorno alle montagne del suo paese, attraverso un contatto particolre e spirituale con la natura affascinante dei monti della Laga, trae ispirazione per i propri versi, che parlano, principalmente, degli antichi usi e consuetudini lavorative del passato dell'uomo della Laga.
Si è classificato ottavo al I Concorso Nazionale di poesia "Festival dei 2 Parchi", con la poesia "Il maratoneta"
Le opere
raccolte di versi:
- "A timpe d' prima"
- "Adusera"
dalla raccolta "A timpe d' prima"
Lu cammì
Lu nebbiò de Nuvembre era calate
tutta la famiglia stava atturne a lu cammì
la mamma che ciuvava lu fandiglie
la nonna facì li cavzitte a maglia
lu nunne fumì la pippa
lu figlie più grusse studiava l'ABC
mentre lu cape famiglia si bivì nu bicchiere de vì.
Lu fuche rescallava tutte quante
l'ore trascurrinne lente lente
aduserenne nu cippe scuppiettà
e quanne la vracia stava pe finì
mittinne lu scallalitte chi lu prete
e zitta zitta se ne jine tutte a durmì.
Li pastalocchie
Quann'eravamme fandiglie picculitte
giocavamme a cuttecacù ù chi li ranocchie
ma pù la sera vicina a lu camminitte
nunne ciaraccuntì li pastalocchie.
Chi li magliole facì quatrì
c'imparava a suffiè lu fuche
che stregne, maghe, fate e "Trippitrì"
ci facì addurmì a puche a puche
La diceria dell'untore
Ogni qualvolta torna sì questione
ritrovi tale frase in digrignar di denti
che sia in tal loco oppure in tal magione
come all'nferno incrocio di tridenti
"L'ho visto, c'era e sorrideva..."
"Anch'io l'ho sentito fare una pernacchia!!"
come un vortice che polvere solleva
d'inchiostro che si allarga la macchia.
Miei cari amici facciamola finita
che non son tempi di liti e di balzelli
la "grande torta" è bella che jita
ce son rimasti solo li granelli.
dalla raccolta "Adusera"
Mio padre
Mio padre lavorava la campagna
e non pensava mai alla fatica.
Mio padre poi amava la montagna
dagli usi e dalla costumanza antica.
Mio padre aveva fatto l'emigrante
con la valigia di cartone rotta.
Mio padre forse era un po' ignorante
ma aveva sempre pronta la risposta.
Mio padre aveva mani incallosite
il pane da nessuno ebbe in omaggio.
Mio padre dalle energie infinite
di fronte alla vita dura ebbe coraggio.
Mio padre mi parlava molto poco
ma se parlava mi diceva il vero.
Con me lo porterò in ogni luogo
perchè lui m'insegnò esser sincero.
La coscienza
Alla coscienza non sfugge mai niente
non ci lascia mai e ci accompagna sempre
non si fa corrompere dalla mente
sa quel che vuole e ci castiga le tempie.
La coscienza parla poco
ma quando parla colpisce al segno
quando d'inverno stai accanto al fuoco
del tuo passato ti chiede pegno.
Per vivere felice non ti voltare
fai sempre meglio e fai del bene
non lamentarti di ciò ch'è stato
se poi è la concausa delle tue pene.
Il fato ha la meglio sul tuo destino
una Forza Divina lo anima e lo guida
chi lo sfida dicasi ingenuo tapino
inchiniamoci a lui ed alla vita.
Le mie montagne
Il lungo respiro freddo dell'inverno
ci portava a stringerci d'affetto.
Le lunghe notti e i brevi giorni di neve
si scaldavano al fuoco del camino.
Quanti racconti, quante novelle
castagna arroste, vino aspro e dolci
accompagnavano il parlare
la solidarietà si cementava sempre.
A primavera le mie montagne
si svegliavano dal torpore dell'inverno
mille rigagnoli argentini scorrevano a valle
spruzzi e cascate d'acqua tra i boschi.
Era finito il tempo del letargo della natura
cinguettare d'uccelli, gemme sui rami
le piccole greggi sparse sui prati
cuori leggeri, amori facili.
Estate sui muretti screpolati dal sole
profumo di fieno e di ragazze nuove
lucertole che si rincorrono nell'afa
silenzio e strade deserte nelle ore più calde.
Ricerca affannosa del fresco ombroso
tra fastidiose mosche che ronzano
sorgenti fresche tra i grandi faggi
ad alleviare il cammino dei cercatori di funghi.
Autunno arriva malinconico e triste
con il mosto a ribollire nelle botti
gli ultimi affanni nel raccogliere frutti
che Madre Terra regala agli uomini.
Fruscio di foglie secche e nebbia
il cuore si stringe e si prepara al peggio
è ora di ricordare chi non c'è più
ma vive ancora nei dolci pensieri del cuore.
Il maratoneta
Gocce di sudore sulla fronte
i piedi sfiorano la strada
ogni fibra dei muscoli è logora
ma non ti fermi mai comunque vada.
La gola secca e arsa dalla sete
il cuore batte forte in mezzo al petto
le braccia accompagnano con forza
l'atleta che misura la sua corsa.
Mille pensieri covano la mente
non vedi più la gente ed il panorama
un chiodo fisso sullo sguardo assente
la tua vittoria il traguardo brama.
Perchè lo fai non te lo chiedi più
chi te lo chiede non capisce ancora
correre è come il gioco della vita
che quando arrivi non è mai finita.
(8° classificato al I Concorso Nazionale di poesia "Festival dei 2 Parchi")